preghiera del parco

“Questo sarebbe un marciapiede!”

una cravatta con il nulla dentro

sbotta con l’aria di chi non ha tempo

io sarò pure in bicicletta- gli rispondo

tu sei una macchina però, ti rendi conto?

Forse tutte le strade porteranno a Roma

se sei un politico, un turista, un camerata

ma se ti vuoi inventare la giornata
di certo Roma non porta a nessuna strada

la vita è gratis solo in qualche parco

per i bambini e le vecchiette quando è giorno

e per i ladri e le puttane nottetempo

io ci vado al crepuscolo

perché sto in mezzo

sul prato vanno anche tre suore e un uomo

una di loro ha una borsetta rosa in mano

una ragazza corre con la faccia dura

intorno al braccio ha una fascetta nera

con uno smartphone che pare una flebo

mi stendo a terra, ascolto il mio respiro

Cerco il dio degli anarchici nel cielo

e pure se non c’è, comunque prego

“proteggi ovunque quelli a cui ho detto ti amo

aiutami a sapere sempre io chi sono

ricordami che il mondo non è di nessuno”

 

 

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un pensiero in cuor mi sta

Diceva Lenin, quando le condizioni per la rivoluzione non si verificano, bisogna studiare.

O forse lo diceva Gramsci.

In ogni caso, lo dicevano i nostri genitori, prima di votare PD.

Me, almeno, mi hanno fregata così.

Il cambiamento bisogna conoscerlo, prima di crederci. Bisogna capirlo, non ci si può fidare a pelle.

E abbiamo deciso di studiare, di raccontare, di ricercare i movimenti.

Sperando ardentemente di trovare il nostro.

Abbiamo scritto articoli, tanti. Con qualche laurea in cornice, quattro spiccioli in tasca. Ci hanno letto mamma, papà, gli amici stretti.

Con gli occhi nei mirini, le mani sulle telecamere, i pugni chiusi, le dita sul registratore, sulla tastiera, le dita ad accarezzare la faccia evanescente della rivoluzione con la r minuscola.

Stavamo lottando e forse non ce ne accorgevamo nemmeno.

Ci dicevamo compagni, con un po’ d’imbarazzo.  Ce ne siamo stati da parte, ma sempre dalla parte degli sfruttati. Compagni di chi? Compagni da soli.

Senza un partito, forse non ne sentivamo la mancanza. Senza un giornale di riferimento, nostro malgrado. Senza patria, fieramente.

Per questo eri come noi, almeno, questo mi sento nel cuore, anche se eri migliore.

Ora però mi sembra ch’è cambiato tutto, e non riesco a non pensarti.

Per te, domaniforgiulio dovremo essere più forti.

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Della serie: espressioni giornalistiche che non significano niente (parte 3)

violenzné scale né escalation,
solo storie terribili e uomini infami.

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La conquista del pane a Roma Ovest

Sorseggio un macinato fresco di supermercato

Kropotkin, dal libro, mi guarda accigliato

ogni mattina vado in bici alla macchina

e dalla macchina in bici ritorno

però mi sto piegando

mi fa più male la schiena ogni giorno

non conto i denti ai francobolli

ma i caratteri e gli spazi

e i miei anni, forse pochi

per lasciarmeli scappare.

Mi stanca dire

domani si pensa

a quando far esplodere

queste contraddizioni.

A quando, far esplodere

queste contraddizioni?

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ar-diti!

In alto i pollici!

Facciamo un brindisi:

ancora cento di questi mipiace.

Intanto, fuori, la strada tace.

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La grande festa

-Non sono mai riuscita a dirvi che…-

Mi fermo, brindo, tremo:

-Forse non vi ho mai detto quanto vi amo.

Piango un cocktail di lacrime mentre sorrido

tristezza, gioia, e per un terzo sono alticcia

ma non all’altezza, no,

non sono stata mai abbastanza

per voi che siete tutto

quando mi raccontate i vostri guai senza

mai smettere di ridere,

quando facciamo le ore piccole a scrivere regole

per un mondo altro e non troppo possibile

ma necessario, urgente, inevitabile.

Muoio dalla paura di non esser dei vostri

e che tutto finisca e niente si trasformi

smentendo la chimica elementare e i sogni.

So, credo, vorrei credere

che come a volte, all’improvviso, viene a piovere

arriverà il coraggio di alzare la testa.

Scomparirà il veleno che ci respiriamo:

in alto, un cielo strepitoso di tempesta.

Vi penso e guardo il mare calmo e lurido.

Amore e forza a chi si sente in bilico.

 
p.s.

Auguri di cuore a tutti i miei compagni. Nel senso doppio, partenopeo del termine.

Tanto coraggio, o almeno tanta pioggia.

p.p.s.

“Buona fine e buon principio

appicciamo il municipio

buon principio e buona fine

aboliamo ogni confine”

anonimo napoletano

 

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dolcissimo splash

Sento il peso del mondo divorarmi dentro

all’improvviso non so più che cosa c’entro

sbagliato il potere, il dovere, il denaro

sbagliato, addizionarmi a tutto questo

così è la vita degli adulti? penso

Sbaglio l’amore, sbaglio a usare le parole

a vivere come se fossi un’equazione

da una somma di errori ho eliminato te

per ritrovarmi i conti, ma non vale

L’alta velocità va sabotata, cerco

l’accelerazione spontanea,

la caduta libera, il dolcissimo splash

e gli occhi pieni di sale e di cielo.

Sostengo la creatura che pazzea a pallone

e che sia giusto errare

ovvero andare dove porta la ragione

meglio nota a qualcuno come cuore.

chiamateci erranti, non chiamateli migranti

pazzi, furiosi, innamorati come Orlando

ma senza l’odio per il moro e l’invasore.

 

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hai visto oggi cos’è successo

-Hai visto stamattina ch’è successo?

-No, ma tanto ieri era più o meno è uguale

commemorazioni, code sulla’A1, attentati, culi e stragi.

-Oggi è diverso, domani vedrai.

-Guarda, io leggo un giornale

di solito mi basta per due settimane.

-Ma non hai visto oggi cos’è successo?

-Che cosa?

-Hanno abolito le frontiere, il diritto di successione, l’esercito e la prigione.

-Ma loro chi?

-Gli altri.

-E adesso?

-E adesso viviamo in grazia di dio,

ma tu non puoi dire l’ho fatto io.

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obliterare

Aspetto senza fretta perché sto bene anche qui

guardo le ragazzine che si fanno i selfie,

una signora si  lamenta del calore

sappiamo entrambe che è una scusa per parlare,

poi si alza il vento della metropolitana

pare una carezza, una brezza marina

la gente esce, pare un fiume in piena

entra di nuovo, una risacca umana,

i neon sono parenti della luna.

 

 

Una voce asettica mi dice quando scendere

 

torno alla luce su una scala mobile

e poi i colori m’invadono gli occhi

anni su anni di graffiti, a strati,

bus arancioni contro il cielo blu

il camioncino dei giocattoli con il megafono

che gracchia la sua nenia incomprensibile

è tutto semplice, ho voglia di ridere.

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Annotazioni

Mi trovo nel cesso di un posto per fighetti.

“Fai attenzione arrivo e ti stupro”. Per fortuna ha messo l’avviso, l’anonimo passante munito di enorme pennarello.
Come se non bastasse, profetizza “Attenzione, se ti siedi un cazzo gigante spunterà dalla tazza per incularti”.

Il che rivela anche l’identità del proprietario di tale cazzo, se ci penso.

Per un’imperscrutabile ragione, mi viene in mente un cantante italiano molto radicale, che ha addirittura fatto una canzone in cui afferma velatamente che Salvini è una brutta persona.

Questo non gli impedisce di informarmi che se non voglio farmi scopare in discoteca sarò inculata mio malgrado al mare (n.b. con la scusa della crema solare). E’ radicale, mica è frocio, ecché.

Comunque io al mare ci vado, e da sola, perché sono una femmina libera. Il cantante con la crema non c’è, ma per non farmi sentire sola mi ha mandato un vecchio che si tocca mentre mi guarda da lontano.

Poi dicono che una diventa isterica! Per fortuna ci sono le giornaliste del tg di sinistra. Che scrivono dei bei libri tipo “sposati e sii sottomessa” e “obbedire è meglio”.

E quelli a piazza san Giovanni a dire che la scuola minaccia i loro bambini. Si, perché gli crolla in testa, mica perché gli insegna a farsi le pugnette.

Rivelazione choc: per quello non c’era bisogno della teoria del gender, per quello basta e avanza iupòrn (all’epoca mia era Telecapri, ma comunque).

Per fortuna ci ha pensato il Signore a mandare il temporale ai bigotti. E anche il sole a Ventimiglia, a dirla tutta.

 

 

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  • Delirio Manifesto

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    la poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve (Mario Ruoppolo)

    Poesia, altro vizio solitario (Camillo Sbarbaro) liberetutti

    Nuestros cantares no pueden ser sin pecado un adorno.
    Estamos tocando el fondo. (Gabriel Celaya)

    adesso// mi è onore indifferente// generare rime prodigiose// ciò che mi importa è solo// far dannare alla grande i borghesi. (Vladimir Majakovskij)
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    Fondamentalmente non mi interessa molto la poesia che parla solo di frutta e belle scenografie. Mi interessa la poesia che affronta questioni più ampie, questioni di vita e di morte, ecco, e il problema di come comportarsi a questo mondo, di come andare avanti a dispetto di tutto quello che ci accade. Perché il tempo è poco, e l'acqua si sta alzando. (Raymond Carver)

  • Si soffre di ghurba come si soffre di asma, non c’è cura, e i poeti soffrono ancora di più. La poesia in se stessa è già ghurba. (Murid Al-Barghuthi)