Non ho mai capito come facciano le ragazze normali ad avere quelle unghie perfette e quelle grafie rotonde.
A essere belle sempre e sempre dire che stanno malissimo.
Mi chiedo se la storia ci lascerà mai un paragrafo.
A noi, generazione enorme di poeti, i cui versi grondano dai blog come l’acqua dai tetti.
Sopra le nostre teste
dopo la pioggia forte.
poeti che si vergognano
di questa cosa presuntuosa e d’altri tempi
-non chiamateci poeti-.
Se avessimo avuto il tempo
di restare nella storia
ci saremmo chiamati
poeti maledetti
dai contratti a progetto
ci saremmo chiamati
crepuscolari dell’impero occidentale.
Ci saremmo chiamati
ma non avevamo soldi
sul cellulare.
Ma i nostri nomi sono troppi e troppo piccoli
saremo solo un altro medioevo da dimenticare
come le nostre poesie d’amore, che dell’amore hanno solo le occhiaie.
Come i qualsiasillabi
liberamente ispirati
a marche di sigarette
antidepressivi e programmi tv
bollette e repubblica.it.
Ma non siamo mica davvero così.
Forse tra qualche secolo non ci sapranno leggere.
Ci chiameranno lineare P.
Un alfabeto antico che nessuno sa.
Su questa terrazza pericolante
sotto il peso dei ricordi e degli abusi edilizi
potrei crollare pure subito
e sarei felice
di portarmi il mio quaderno
da Napoli all’inferno,
chi lo sa,
ci vorrà meno di mezz’ora
con la tav.
One Comment
Ciao Giulia
una poesia bellissima, mi piace il modo “arguto” in cui hai mischiato i diversi piani e le sequenze che ne sono venute fuori.
Carmine